reportageLe banche mancano di liquidità, le famiglie sono costrette a vendere i loro beni, il sistema sanitario è sull’orlo del collasso… In Afghanistan il nuovo governo talebano sta affrontando una crisi economica e umanitaria.
Nel cuore di Kabul, martedì 14 settembre, a mezzogiorno, nel distretto di Shahr-e-Naw, le guardie della filiale principale della New Kabul Bank hanno tentato, invano, di scacciare dal molo centinaia di uomini. i loro conti. “La banca non apre oggi, vai!”Uno di loro urla alla folla, parte della quale è rimasta seduta nonostante la rabbia. La maggior parte di loro dorme lì. Aspettano da tre giorni che la banca centrale consegni i soldi a questa banca pubblica, una delle poche che dà ancora accesso ai conti bancari, entro limiti molto rigidi. Ma le casse dello Stato afghano sono irrimediabilmente vuote.
L’ascesa al potere dei talebani il 15 agosto ha congelato il capitale ei fondi delle banche centrali depositati all’estero, soprattutto negli Stati Uniti. Alcune delle banche private che hanno riaperto hanno chiuso rapidamente per mancanza di liquidità. La conferenza dei donatori, organizzata lunedì a Ginevra dalle Nazioni Unite, ha promesso aiuti per un miliardo di dollari (840 milioni di euro), ma è ancora condizionata da considerazioni politiche, soprattutto per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani. Il regime talebano ora affronta la sua prima grande sfida: arginare una grave crisi economica e umanitaria che potrebbe vanificare una vittoria ottenuta dopo vent’anni di combattimenti.
I residenti hanno già iniziato a sgridarli. La nuova Kabul Bank ospita principalmente i conti dei dipendenti pubblici e delle forze armate. Ma ci sono anche i commercianti. Abbiamo diritto a 10.000 afgani [92 euros] In contanti o assegno di 20.000 afgani, ho soldi sul mio conto e ho una famiglia di dieci persone da mantenere”.Spiega Zabi, che gestisce un negozio di alimentari a Kabul. Shams Haq, che ha 28 anni ma sembra avere il doppio della sua età, proveniva dalla remota provincia (nord) del Badakhshan. “Sono venuto cinque giorni fa con 200 afgani. Quanto basta per comprare il pane”.
Habibullah è un impiegato del governo. Il suo reggiseno aderente è ben posizionato sopra il suo shalwar kameez (Camicia lunga su pantaloni larghi) Mostra l’aspetto del titolare dei diritti. Mentre lavorava nell’amministrazione del distretto di Nuristan (Nord), nell’ultimo mese era stato costretto a prendere in prestito denaro dai suoi parenti e dai negozi di alimentari nella sua città natale di Barun. Ma quest’ultimo “Non vuoi più [lui] dare credito”. Intanto Ala Gul arriva da Jalalabad, capitale di Nangarhar (Nordest), ed è molto entusiasta e condanna l’aggressività delle guardie bancarie e dei talebani che stanno monitorando la situazione. Ci hanno colpito. Non ho soldi dal 15 agosto, quando è caduta Kabul. “ Una delle guardie, Saifullah, giustifica questi mezzi urgenti: La gente ha iniziato ad attaccare la banca. “
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