Con l’avvicinarsi dell’inverno, non è la prospettiva di una recessione globale, accompagnata da un aumento dell’inflazione, o un relativo deterioramento dei flussi di cassa e del portafoglio ordini a preoccupare maggiormente i leader aziendali. No, si tratta più dell’esplosione della bolletta energetica e del modo in cui saranno in grado di gestirla, come confermato dalla metrica Bpifrance/Rexecode, pubblicata mercoledì 16 novembre.
Alla domanda se sarebbero in grado di mantenere la propria produzione riducendo al contempo il consumo di energia, il 38% degli imprenditori per i quali il gas è la principale fonte di energia ha risposto negativamente. In altre parole, se non possono permettersi gli aumenti di prezzo, dovranno produrre di meno.
La percentuale è quasi la stessa per i consumatori di petrolio (35%). Ma scende al 22% per chi usa principalmente l’energia elettrica. Quanto al margine di manovra per le aziende che possono consumare meno, resta basso: pochissime VSE e PMI ritengono di poter raggiungere la soglia del 10% di riduzione dei consumi energetici senza incidere sul proprio business. E un leader aziendale su quattro oggi afferma di non essere in grado di decidere come far fronte.
Questa modalità ha un effetto immediato: Finché non conoscono i prezzi dell’energia, i leader aziendali scelgono di rinviare gli investimenti. spiega Philippe Motrici, direttore degli studi di Bpifrance. Nonostante le condizioni di finanziamento ancora favorevoli, secondo la metrica, meno di un leader d’impresa ha investito o intende farlo nel 2022, 10 punti in meno rispetto all’inizio dell’anno.
Indicatori di inflazione rassicuranti
Si sta ancora valutando l’impatto di questo rallentamento: arriva dopo due anni di forti investimenti, con le aziende che approfittano dell’aumento del flusso di cassa per finanziare attrezzature o progetti di trasformazione, ad esempio nel settore digitale.
Gli investimenti sono cresciuti due volte più velocemente del PIL dalla crisi sanitaria. ricorda Baptiste Thornary, capo economista di Bpifrance. La perdita delle intenzioni di investimento si spiega anche con il deterioramento del flusso di cassa, che colpisce una società su tre, ma va tenuto presente anche: corrisponde al ritorno alla normalità dopo la crisi del Covid. Inoltre, i fallimenti aziendali, se raggiungono gradualmente il loro livello di lungo periodo, rimangono contenuti: con 38.525 procedure registrate tra novembre 2021 e ottobre 2022, secondo i dati pubblicati mercoledì 16 novembre dalla Banca di Francia, siamo ancora a circa 25 % in meno rispetto al livello del 2019 nei casi di insolvenza.
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