I lavoratori cinesi venivano sfruttati
Queste fabbriche illegali, situate nella periferia di Milano, avevano borse e accessori realizzati da lavoratori cinesi che vivevano in condizioni squallide sul posto, come mostrano le immagini della polizia rivelate dal quotidiano italiano “Corriere della Serra”.
E secondo la polizia italiana la maison era a conoscenza della truffa. Nel corso della perquisizione, gli investigatori hanno infatti incontrato in un laboratorio segreto un ispettore della “Armani Operations Spa”, che ha effettuato personalmente il “controllo qualità” dei manufatti.
Gli inquirenti hanno anche messo le mani su un verbale di “operazioni Armani” relativo alla “Manifattura Lombarde” che segnalava diversi posti di blocco non conformi. Qualsiasi tentativo da parte di una casa di moda porterebbe senza questa attenzione.
“L'industria della moda deve affrontare il problema del lavoro nero”
I giudici italiani incaricati del caso hanno quindi concluso che la Casa Armani era a conoscenza di questi fatti relativi al lavoro illegale. «Una cultura aziendale basata sul controllo della filiera produttiva è gravemente viziata. Una pratica illegale è talmente radicata e comprovata da poter essere considerata parte di una più ampia politica aziendale volta all'incremento del business.»