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Tra relativismo e negazione totale, molti commentatori mettono in dubbio il fatto che Hamas abbia commesso dei crimini, o minimizzano il numero delle vittime civili israeliane. A scapito di colpi di scena cospirativi e nonostante innumerevoli prove.
Il 7 ottobre Hamas, e poi altre fazioni palestinesi, hanno invaso il territorio israeliano, provocando circa 1.200 vittime. Attualmente è già nota l’identità di 790 di questi civili: 508 uomini e 282 donne, di cui 37 minori (di cui 11 bambini di età pari o inferiore a 10 anni) e 126 persone di almeno 65 anni (di cui 23 ultraottantenni). ), secondo una dichiarazione inviata a metà dicembre a Controlla le notizie A cura dell’Istituto nazionale di previdenza israeliano (NIOI). A questi si aggiungono i nomi di più di cinquanta agenti di polizia e di più di 300 militari.
Hamas non ha riconosciuto questi crimini contro la popolazione civile. Nei primi giorni successivi all’attacco, il movimento ha cercato di giustificare l’ingiustificabile rifiutando di considerare “civili” coloro che considerava partecipanti all’assedio permanente della Striscia di Gaza. Ma questo discorso, divenuto impercettibile a causa dell’orrore delle immagini e delle testimonianze, si è presto trasformato nella negazione dell’esistenza dei crimini e delle vittime. In una serie di interviste con i media occidentali in ottobre, il portavoce di Hamas Ghazi Hamad ha ribadito, nonostante tutte le prove, che Hamas non ha preso di mira i civili, ma ha semplicemente sottolineato le perdite collaterali associate alla lotta contro l’esercito israeliano. Quando si oppose, alla BBC, S
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