L’epidemia di morte nera che colpì il mondo nel quattordicesimoe Il secolo ha causato la morte di circa il 30-50% della popolazione delle regioni colpite, principalmente in Nord Africa ed Eurasia. Un evento di questa portata – il più mortale nella storia umana – ha esercitato un’enorme pressione sulla razza umana, mettendo in moto i meccanismi della selezione naturale. individui sensibili a Yersinia pestisI batteri particolarmente letali responsabili di questa malattia sono morti a milioni. In questo contesto basta il minimo vantaggio per fare la differenza tra la morte e la sopravvivenza. Ma se una parte della popolazione, per quanto piccola, avesse avuto un gene protettivo contro la peste bubbonica, la feroce epidemia che imperversò dal 1346 al 1353 avrebbe dovuto selezionarlo. In altre parole, le persone con un tale gene che sono sopravvissute alla peste nera possono riprodursi e trasmettere questo gene alla loro prole, il che può contribuire alla sua più ampia diffusione tra gli esseri umani. È quanto ha voluto verificare un team internazionale di ricercatori dell’Istituto Pasteur di Parigi, della McMaster University in Canada e dell’Università di Chicago negli Stati Uniti.
Per identificare questa possibile evoluzione nel genoma umano, i biologi hanno scelto di confrontare il DNA dei sopravvissuti alla peste nera e dei loro discendenti con quelli vissuti prima della pandemia o che vi hanno ceduto. Hanno così selezionato 206 individui le cui tombe, ben datate grazie agli archivi storici e alle tecniche di datazione al radiocarbonio, si trovavano in cimiteri ben conservati; Tre a Londra e cinque in Danimarca. Da questi scheletri, hanno analizzato regioni specifiche del DNA estratto dalla polpa dentale, che ha permesso loro di identificare le principali differenze genetiche. In particolare, i ricercatori hanno scoperto che sono stati selezionati quattro geni, ciascuno dei quali è coinvolto nella produzione di proteine che svolgono un ruolo nel sistema immunitario. uno di loro, ERAP2, sembra particolarmente importante; Si osserva un tasso di sopravvivenza superiore del 40-50% negli individui che portano due copie identiche e cosiddette “protettive” – o alleli – di questo gene, rispetto agli individui che hanno due copie diverse.
Poi i biologi hanno notato, in laboratorioCome interagiscono con esso le cellule del sistema immunitario? Yersinia pestis per alleliERAP2 che possiedono. Non sorprende che abbiano affermato che gli alleli protettivi di questo gene consentono ai macrofagi, cellule in grado di assorbire e digerire gli organismi patogeni che entrano nel nostro corpo, di neutralizzare più efficacemente i batteri. Questo lavoro è notevole perché mostra l’entità dell’impatto che un singolo microrganismo può avere sull’evoluzione di una delle specie più diffuse sulla Terra, e più specificamente sul sistema immunitario. È ormai noto che questi stessi geni che un tempo ci proteggevano dalla peste bubbonica sono responsabili di una maggiore suscettibilità alle malattie autoimmuni, come il morbo di Crohn in relazione alla ERAP2o artrite reumatoide.
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